Quando il potere occupa militarmente le coscienze, il sorriso di una donna lucana ci da ancora speranza

Questo è il racconto di un fatto divertente che mi è accaduto una decina di giorni fa; dopo il racconto, mi permetterete una valutazione per spiegare il contesto per cui io e una anziana donna lucana, incontrandoci per caso e ridendone, abbiamo misurato la forza e l’arroganza pervasiva e impalpabile del potere.
Il fatto è accaduto  in uno dei nostri paesi della Basilicata (Montescaglioso) in cui ero andato a trovare una delle aziende iscritte al nostro sindacato. Erano i giorni in cui divampava l’ennesima battaglia in cui siamo impegnati contro il malaffare nella gestione degli Enti Pubblici in agricoltura, i giorni in cui denunciavo con forza la manovra speculativa per cui grazie all’accordo con il potere politico, la Coldiretti stava tentando di mettere le mani sul Consorzio di Bonifica di Basilicata e le laute prebende da amministrare.Finito l’incontro con l’azienda, salgo in macchina insieme a Katya (che credo ne stia ancora ridendo) per andare a trovare il sindaco. Metto in moto per ripartire ma mi fermo perché vedo dall’altro lato della strada venire dritta verso di me una donna anziana. Non stava semplicemente attraversando la strada. Aveva cambiato strada per venirci incontro, mi sorrideva e mi puntava dritto. La guardo negli occhi bellissimi che aveva, luminosi, dolci, vispi e anch’io le sorridevo chiedendole con gli occhi in cosa potevo esserle utile.
Arriva vicino e mi dice (traduco per i non lucani) “Figlio mio quanto sei bello! Io ti vedo sempre in televisione. Bravo, tutte queste cose che fai per difendere la nostra terra e i nostri giovani”
Io: “Grazie, grazie. Faccio solo quello che devo e che dovremmo fare tutti” mentre lo dicevo schernendomi, godevo delle sue parole e rivedevo in un attimo l’impegno del duro lavoro sindacale, la fatica, i sacrifici di cui da quelle parole mi sentivo ripagato. Aggiungo “Continua a seguirci mi raccomando che a questi fetenti li dobbiamo mandare a casa!”.
Lei mi guarda, sorride ancora di più e mi dice: “Ahhh, io sempre ti seguo, sempre seguo le cose della Coldiretti!”. Gelo.
“Come la Coldiretti? ma guarda che io non sono della Coldiretti … è proprio la Coldiretti che dobbiamo mandare a casa, sono loro i nemici” ….
Lei, mentre il suo viso assume un’espressione sinceramente dispiaciuta, con lo sguardo fra il sorpreso e il contrito mi dice “Scusa ma io non le capisco queste cose. Ho detto qualcosa di male? A me piacciono tutte queste cose dell’agricoltura e mi piace quello che fai per difenderla, glielo dico sempre ai miei figli”. La guardo, allargo il sorriso e le dico: “Tranquilla, grazie. Continua a seguirci ma da adesso non chiamarmi più per favore Coldiretti. Sono loro che dobbiamo mandare a casa” … “grazie figlio mio! continua cosi e che la Madonna t’accompagni!”
Ci siamo lasciati sorridendoci di un sorriso dolce e, per me, un pò amaro pensando a quanto lavoro ci aspetta per sconfiggere la propaganda e la manipolazione del consenso e delle coscienze.
…………………
Per chi non avesse ancora chiaro, c’è una relazione stretta fra la crisi dell’agricoltura italiana e la resistibilissima avanzata della Coldiretti nel suo apparente ruolo sociale. Un ruolo, sia chiaro, gonfiato ad arte (torneremo presto sui numeri veri della Coldiretti che millanta molto almeno quanto nascone) e che si nutre di un mix originalissimo di speculazione, capacità imprenditoriale,  stretto legame di scambio col potere (fino a diventarne un elemento costituente), manipolazione dell’opinione pubblica e solo in piccola parte fondata sull’ormai residuale azione sindacale di rappresentanza. Molto delle sue fortune sono dovute all’insipienza delle altre organizzazioni di rappresentanza storiche, totalmente incapaci di recuperare un ruolo sociale nella trasformazione che ha colpito le campagne italiane ma molto è dovuto ai grandi investimenti (spesso soldi pubblici distratti dall’uso per cui avrebbero dovuto essere spesi) profusi negli ultimi decenni dalla Coldiretti in una grande, sottile, pervasiva campagna alla ricerca del consenso
Sulla vicenda della Coldiretti e sulle sue responsabilità di fronte alla crisi agricola e del Paese dovremo sempre più spesso tornare e discutere per comprendere quello che sta accadendo. Un punto, però, è fuori discussione: la campagna manipolatrice della Coldiretti nei confronti dell’opinione pubblica sta raggiungendo i suoi obiettivi. Tanto che, ormai, possiamo dire che dobbiamo fare i conti con il fatto che è largamente riuscita a far passare nell’opinione pubblica l’equazione “Agricoltura=Coldiretti”, occupando in maniera subliminale il subconscio dei cittadini.
Proprio su questo grande risultato (come non dargliene atto) la Coldiretti fonda una delle sue strategie decisive nei confronti della debolezza della politica: tu sei il potere ed hai bisogno del consenso, eccomi qua … io sono l’agricoltura, la terra, il cibo, l’alimentazione, quella cosa di cui tu non capisci nulla perché sei in altre faccende affaccendato ma che sai ti può dare grande consenso visto che 70 milioni di cittadini devono mangiare tutti i giorni. “Stai tranquillo, partito o movimento di turno che sei al governo … facciamo uno scambio: io ti porto il consenso, tu continua a occuparti di poltrone e potere. Tu dammi l’anima in cambio, ora goditi lo sventolio delle bandiere gialle che ti applaudono, poi ti dirò cosa me ne viene in cambio, ti mando il mio Mefistofele a incassare con comodo, tranquillo.”
Ma per quanto il diavolo possa fare le pentole, non è bravo a fare i coperchi e nel brodo della crisi non tutte le coscienze sono disponibili a dissolversi.
Per quanto la manipolazione possa avere effetto serve che i cittadini continuino a vivere nella inconsapevolezza e non sentano la necessità dell’alternativa e la possibilità del cambiamento.
Mentre nel pentolone della crisi si consuma il brodo della propaganda e della manipolazione tanto cari alla speculazione, all’intrallazzo ed alla politica,  in altre pentole cuociono le ricette per uscire dalla crisi e trovare le strade per l’altra agricoltura di cui abbiamo bisogno.
Quella anziana donna dagli occhi belli e dolci ha cambiato il suo sorriso regalandomi la complicità di chi aveva intuito la verità nel pentolone scoperchiato. Il resto sta a noi, cuochi del buon cibo ber le coscienze, gli interessi, la terra e la dignità

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.