Oggi è il 24 giugno, auguri per un nome mai avuto.

Alla Ricerca del destino perduto e di un nome mai dato.

Non ho mai festeggiato il mio onomastico né, tantomeno, ho fatto gli auguri a qualcuno per il suo.
Oggi, che è il 24 giugno e, come mi ricordano tutti i social, televisioni, giornali, è San Giovanni, voglio fare gli auguri a Giuseppe, Renato, Bernardo, Vasco e Oscar, ricordando mio padre Luciano e cercando di capire i segni del mio destino.
Sui social, del resto, la valanga degli auguri di oggi è spesso accompagnata da citazioni che sottolineano questo o quel significato del nome “Giovanni” per trarne il vaticinio per il futuro giacché è vulgata popolare il ritenere che nel nome ci siano i segni del destino di ognuno di noi.

Certo questo profondo convincimento deve muovere in gran parte le scelte dei genitori nell’imporre il nome al proprio figlio, cercando di influenzarne il destino o quanto meno di condizionare la sorte.
Io non posso che pensare ai miei genitori e, in particolare a mio padre quando scelse il nome per me, il suo primogenito maschio.
Mia madre mi racconta che si presentò all’anagrafe per “segnarmi” e che voleva darmi cinque nomi: quello di suo padre (Giovanni) e dei suoi quattro fratelli (Renato, Bernardo, Oscar, Vasco); ritenne, evidentemente, che fosse inopportuno di chiamarmi anche “Diva” come la sua unica sorella. Bontà sua!
All’anagrafe gli dissero che non era possibile e che, al massimo, poteva attribuirmene tre. Deve essersene fatto una ragione e, immagino, applicando un criterio di equità e giustizia e invocando la ragione superiore della legge, me ne diede solo tre secondo l’ordine gerarchico di quello del padre (Giovanni) e dell’anzianità dei primi due fratelli (Renato e Bernardo) e sacrificando, dunque, quello dei fratelli più giovani (Oscar e Vasco).
E’ per questo che mi chiamo Gianni (diminutivo di Giovanni) e che all’anagrafe risulto iscritto come Giovanni Renato Bernardo.
A voler rintracciare i segni del mio destino ricorrendo al significato dei nomi, devo dire che la situazione è abbastanza confusa se non addirittura contraddittoria mettendo in fila i primi tre potrei tradurre: “Donato da Dio, Convertito, Coraggioso come un Orso” … In fondo potrei persino dover riconoscere una qualche aderenza al mio profilo: probabilmente essendo il primo figlio ero atteso come un dono, mi sono certamente convertito essendo ateo e mi sento abbastanza battagliero e coraggioso come un orso.
Se poi avessi dovuto aggiungere anche gli altri due nomi non “ufficializzati” come non riconoscere indicazioni semantiche e magiche al significato di Vasco (persona bizzarra, viaggiatore) e Oscar (Dio con la lancia)?
Comunque “una gran confusione” ho pensato per lungo tempo; niente che davvero mi potesse aiutare a trovare i segni e gli annunci del mio destino, niente di utile per contrattare con il fato.
Poi accade l’evento inaspettato con cui ho, finalmente, capito e trovato nel modo come mi chiamo (o non mi chiamo) la chiave del mio destino.
Alla morte di uno dei miei zii, io chiesi ed ottenni di poter avere e conservare i documenti personali di mio nonno Giovanni per tenerli come ricordo. Ne fui felice, era per me l’occasione per consolidare e rafforzare i legami con la famiglia d’origine di mio padre che avevo tanto poco frequentato essendo loro veneti e vivendo molto lontano.
La sera, con calma, sfogliai i documenti di mio nonno e rimasi di stucco; avevo la sua carta d’identità, il suo passaporto, il suo porto d’armi ed ero convinto che fossero proprio suoi perché le foto erano inequivocabilmente le sue. C’era un solo problema …. i documenti erano intestati a tal “Fabbris Giuseppe”.
Non capivo e, dopo un po, telefonai a mio padre e gli chiesi:
“Papà! Ma chi accidenti è Fabbris Giuseppe?”
e lui: “E che ne so!”
e io “Come che ne sai? Perché i documenti di nonno sono tutti intestati a Fabbris Giuseppe?”.
Lo sentii sorpreso al telefono. Solo qualche secondo però e riprese prontamente il suo tono canzonatorio e disse: “Ah si, è vero! Si chiamava Giuseppe (Bepi in veneto) ma noi lo chiamavamo tutti Giovanni”.
A quel punto ero di fronte all’evidenza inquietante di avere una caterva di nomi ma in fondo tutti sbagliati: avrei dovuto chiamarmi Giuseppe e oggi, probabilmente, sarei “Peppe Fabbris” e il significato del mio destino sarebbe, più o meno,  “colui che porta altro, che aggiunge”.
Metafora perfetta per dare conto della mia vita e, probabilmente, della maggior parte di noi nel nostro tempo: sempre alla ricerca di radici per avere certezze, sicurezze e saldezza e sempre in movimento come la vita vuole e ci impone alla ricerca della nostra strada.
Converrà rassegnarci a far convivere in ognuno di noi le tante contraddizioni che sono la materia vera di cui siamo fatti e, magari, provare a pensare che il nostro nome vero sarà solo quello che ci saremo meritati quando la nostra vita sarà finita.
Potendo scegliere quel nome mi piacerebbe che fosse: LIBERO!
E come secondo: GIUSTO.
Per intanto oggi che è San Giovanni, i miei auguri a Giovanni, Renato e Bernardo e (perché no?) anche a Oscar, Vasco e Giuseppe e soprattutto a Diva il cui nome non ebbi mai.

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