Care e cari amici e compagni lucani,scrivo questa nota per avanzare una proposta che nasce dalla discussione e dall’esperienza delle vertenze che conduciamo da anni: incontriamoci per coordinarci e costruire uno spazio comune di iniziativa. Incontriamoci per capire se si può rispondere insieme all’attacco politico, sociale ed economico che viene avanti.
Dopo giorni di confusione fra date e iniziative qualche giorno fa apprendo dell’annuncio di una convocazione di una manifestazione “voluta dal popolo” l’8 ottobre a Potenza nella stessa data in cui da tempo come Altragricoltura stiamo lavorando a tenere una nostra manifestazione per rispondere alla crisi e per denunciare l’attacco repressivo nei confronti di Altragricoltura.
La manifestazione è pubblicizzata via FB e (a parte i rituali appelli via post ad “essere in migliaia” e i proclami da tastiera digitale che annunciano la partecipazione delle masse da tutta …… la Basilicata? …. il SUD? ……. il MONDO?) non trovo una firma che se ne assuma le responsabilità ma, naturalmente, i post richiamano tutti ad essere presenti perché “non ne possiamo più” e perché “in molti la chiedono”.
Film visto tante volte e che, probabilmente, finirà come tutte le altre volte: a Potenza ci sarà poca gente e comunque mancheranno in tanti/e e qualcuno, dopo aver proclamato che “bisogna fare una nuova Scanzano”, senza interrogarsi sulle proprie responsabilità, chiederà: “perchè non siete venuti?”
Lo dico subito: queste iniziative non sono più utili e non aiutano a far crescere la capacità dei lucani di incidere nei confronti della politica e del governo anzi, corrono il rischio di contribuire a indebolirla. Sia perché mettono in scena una rappresentazione minoritaria della reltà che invece è molto più ricca e composita sia perché non nascono dalla condivisione e non si danno l’obiettivo esplicito di coinvolgere gli uomini e le donne che vivono in questa regione e tutti i giorni fanno i conti con il mettere insieme il pane con la cena.
Se questo episodio rimanesse isolato non aggiungerebbe molto alla quotidiana difficoltà che ognuno di noi conosce ma, letto nel quadro di una serie di fatti che stanno accadendo in queste ultime settimane, contribuisce a disegnare i confini di grandi problemi che abbiamo di fronte e che mi spingono a dire che, forse, per i lucani colpiti da una crisi profondissima e rischiosissima “il problema siamo noi”.
Gli uomini e le donne di questa regione hanno bisogno di un’alternativa alla crisi che è loro imposta e che è funzionale al mantenimento dei poteri. Per ottenerla bisogna cambiare i rapporti di forza mettendo in campo un percorso, capacità, organizzazione in cui si riconoscano gli uomini e le donne che tutti i giorni devono fare i conti con il disastro e che si sentano motivati perchè coinvolti e convinti di un progetto che parla dei loro bisogni e delle loro aspettative.
Quale è, al contrario, la realtà? Certamente, in questi anni sono cresciute in Basilicata molte esperienze partecipate da cittadini su singole questioni (vertenze di territorio, tematiche, settoriali) eppure a me sembra che non solo manchi, non dico un progetto ma una linea di percorso, un orientamento verso qualcosa. In questo continuo prodursi di “generali senza esercito” in una sorta di autismo patologico ognuno celebra la “centralità politica” del merito di cui si occupa.
Per non parlare poi della dinamica tutta più o meno virtuale, di sigle autoreferenti, di minoritarismi pervicaci, di figure che (più o meno in buona fede) parlano solo a nome proprio spesso pensando/illudendosi di parlare a nome di tutti!
E’ proprio dentro la distanza fra le aspettative e i bisogni dei lucani e la capacità di chi anima le iniziative sociali che si legittima la domanda: “siamo noi il problema?”.
Noi ne siamo parte, certamente. Quando c’è un terremoto o un’alluvione la prima cosa che è richiesta a chi va a soccorrere i colpiti dal disastro è di “essere efficiente, capace, autogestito, efficace” altrimenti aumenta il caos e la confusione per cui, alla fine, “tocca soccorrere lui” piuttosto che ricevere soccorso.
La crisi del coordinamento “4 giugno” (il coordinamento di alcune associazioni e movimenti lucani nato all’indomani della manifestazione tenuta in occasione della venuta del Ministro a Potenza per il protocollo sul Petrolio, anch’essa molto sotto le aspettative e piena di limiti e contraddizioni) è solo l’ultimo indicatore della difficoltà di coordinarci, di tenere uno spazio per obiettivi comuni animato e partecipato delle nostre diversità.
Nei giorni scorsi si sono tenute a Roma le mobilitazioni contro lo “Sblocca Italia” e dalla Basilicata, in cui si convocano improbabili manifestazioni di popolo e in cui si annunciano tante altre iniziative, l’unico autobus che si è organizzato per la partecipazione (nonostante che in tanti sui post di facebook e in altre sedi lo abbiano annunciato e mentre, per esempio, dall’Abruzzo sono andati con 5 autobus) lo hanno organizzato “le mamme di Palazzo San Gervasio”, persone normalissime che avvertono e vivono sulla propria pelle i rischi di un uso sconsiderato del territorio e cresciute nell’esperienza di un Comitato popolare animato da pochi generali ma molte persone vere.
La verità è che noi (movimenti/associazioni) siamo assolutamente inadeguati mentre si stanno consumando sotto i nostri occhi processi pesantissimi di attacco alle condizioni delle comunità, dei cittadini, del territorio e delle istituzioni lucane.
Tutti gli indicatori ci dicono che nell’impatto contro la crisi economica, sociale, ambientale e di democrazia di questo Paese, la Basilicata si sta svuotando di persone condannate alla nuova emigrazione, i suoi territori si stanno desertificando di attività umane; splendida occasione per vecchi e nuovi sciacalli pronti ad usarli senza l’impiccio di comunità che chiedono diritti.
Processi che non possono essere isolati e ridotti ad una sola questione (sia essa il petrolio, l’agricoltura, la democrazia, o altro) perché da dovunque parte la prendi tutto ci dice che il modello del capitalismo neoliberista che stiamo subendo si dispiega in modo pervasivo sia quando si impadronisce e privatizza le risorse, sia quando svuota aggredisce l’ambiente, svuota i diritti o sfrutta i processi economici e di lavoro.
Per questo le realtà sociali di questa regione impegnate ad affermare i valori e la prospettiva dell’alternativa a questo capitalismo hanno l’obbligo di stare insieme e di costruire il terreno di iniziative ed obiettivi comuni per disegnare il campo dell’altra Basilicata possibile e necessaria.
Di cosa abbiamo bisogno e da cosa partire, visto che più volte abbiamo provato senza riuscirci?
Certamente avremmo bisogno di un progetto comune che finalizzi le forze in campo e ne motivi tante altre a dare vita ad un’alternativa alla crisi ma, più praticamente, abbiamo bisogno almeno di uno spazio comune condiviso e riconosciuto per socializzare le esperienze e discutere (per decidere) su obiettivi comuni cui relazionare l’agenda delle nostre iniziative.
Uno spazio del genere va certamente popolato e animato da diversi soggetti in campo uomini e donne di buona volontà, di esperienza e capacità tecnica e scientifica, singoli portatori di proposte e pratiche per l’alternativa, soggetti dell’impegno politico ma, soprattutto, abbiamo bisogno soggetti sociali organizzati, capaci di mobilitare persone e interessi e, non per ultimo, capaci di farsi garanti del carattere alternativo e non minoritario dell’esperienza.
Insomma, abbiamo bisogno di uno spazio di partecipazione e di mobilitazione largo, un laboratorio di confronto, iniziativa e proposta partecipato da tutti ma, anche, di “garanti” che assumano la responsabilità di promuoverlo.
Dalla nostra esperienza (Altragicoltura, TerreJoniche) avanza una proposta che vi giro: ripartire dalle vertenze in corso e dai soggetti sociali attivi sul territorio. Diverse realtà (al di là del merito delle esperienze, dei limiti o delle difficoltà) in questi anni si sono dimostrate “legittimate” dall’essersi prodotte “fra i soggetti che rivendicavano dei bisogni e dei diritti”.
Esperienze sindacali, vertenze di territorio, mobilitazioni di comunità che hanno saputo muovere ed attivare soggetti veri in carne ed ossa e di rappresentarne delle istanze.
Esperienze che non hanno solo “agitato dei problemi” ma hanno individuato delle controparti, organizzato dei soggetti, messo in campo strumenti di rivendicazione, elaborato progetti, fatto avanzare processi di autonomia sociale senza la subalternità a questo o quel politico.
Esperienze che, pur con limiti, contraddizioni e difficoltà, hanno saputo e sanno “tenere insieme le persone su mandati concreti”.
Ripartire da loro pur con i loro limiti, anzi per superarli vincendo i localismi, l’autoreferenza e la tentazione miope e continua di regolare “privatamente” i conti con un potere che, al contrario, si nutre della capacità di isolare e ridurre le istanze proprio per indebolirle e svuotarle.
Del resto non abbiamo bisogno semplicemente della somma matematica delle nostre esperienze o solo di coordinare con efficienza l’agenda delle iniziative (che pure servirebbe almeno ad evitare la confusione) ma di assumere insieme il bisogno del cambiamento generale, in una parola del cambiamento politico.
Incontriamoci.
Partiamo da qui per coinvolgere tutti gli altri attori e portatori di istanze di cambiamento. C’è bisogno di tutti: di tecnici, esperti, politici, opinion leaders ma nessuna delle questioni che abbiamo di fronte può essere affrontata solo con la chiave della tecnica, della scienza, della politica. Al contrario: il contributo di singole figure che portano esperienza, conoscenza o anche solo entusiasmo è decisivo se c’è un tessuto sociale di forze in campo che assumono i contributi e li orientano a obiettivi condivisi. Perché dalla crisi non si esce con formule tecniche ma con più diritti e giustizia e solo se gli uomini e le donne della Basilicata decideranno che è ora di cambiare.
Dobbiamo fare in fretta, superare il rischio di essere solo un pugno di Donchisciotte che da soli conducono battaglie contro i mulini a vento. A me la figura tragica di Donchisciotte non è mai piaciuta (figuriamoci quella di chi abbaia alla luna) cosi come non è mai piaciuto perdere le partite senza averle giocate. La sconfitta ci sta, qui però stiamo perdendo a tavolino per assenza dal campo della squadra visto che l’arbitro ha mostrato il cartellino rosso ai Direttori Tecnici scesi in campo per sostituirsi alla squadra.
Troviamoci presto. Il Comitato TerreJoniche, di fronte alla crisi economica, sociale, ambientale e di democrazia propone un incontro urgente per discutere della costruzione di uno spazio comune fra i movimenti sociali e le vertenze settoriali, sindacali e di territorio lucane aperto alla partecipazione di tutti.
Proponiamo una riunione da tenere entro quindici giorni a Potenza ed attendiamo disponibilità per decidere la data esatta e il luogo.
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