LE RAGIONI SOCIALI PER VOTARE NO AL REFERENDUM SULLE MODIFICHE COSTITUZIONALI.
Sento dire che la “governabilità” e “l’efficienza degli esecutivi” sarebbero un valore. Io dico: dipende e dipende da chi, come e per quali obiettivi governa. Anzi, visto l’andazzo degli ultimi decenni e il trend europeo, dico che non è vero ed è, al contrario, un modo per intimare la resa di chi resiste alle sciagurate politiche antipopolari.
Da sempre ( certamente da quando avevo 13 anni) sono impegnato a condurre battaglie a fianco di chi subisce l’arroganza o l’insipienza del potere ed ora che ho ormai 58 anni, posso vantare “qualche esperienza”.
Ho partecipato e diretto tante iniziative per ottenere diritti calpestati, in Italia e in tante zone del mondo (Asia, Europa, Africa, Mediterraneo, America Latina) e so che solo lavorando sulle contraddizioni del potere e sul suo disperato bisogno di consenso è possibile avere risultati (quando il potere non ha la forma di una dittatura ma deve rendere conto in qualche modo del proprio operato). Tutte le volte che abbiamo ottenuto qualcosa, ci siamo riusciti giocando proprio sulle contraddizioni del potere. Fra tutte valga l’esempio di una: quando ottenemmo dal parlamento italiano una norma (la prima in Italia e l’unica) che ha imposto il blocco delle procedure esecutive contro 5400 aziende agricole sarde.
Mesi di lavoro, un grande movimento in piedi, scioperi della fame, una battaglia che ha saputo conquistare le prime pagine del Corriere della Sera, articoli sul Financial Times, Le Figarò, la Repubblica, le TV nazionali ed estere.
Era il tempo del Governo Prodi e conquistammo con la lotta le attenzioni di tanta parte dell’opinione pubblica (come altri, anche Grillo che era ai tempi del Vaffa Day, venne a tenere un’assemblea nel Comune che avevamo occupato).
Dopo anni di rimozione del problema, ottenemmo tanta attenzione. Prodi (capo del Governo), De Castro (MInistro dell’Agricoltura) e Soru (Presidente della Regione) dopo anni di silenzio epensando di cavarsela con poco, furono costretti a dire qualcosa di fronte alla nostra lotta: “Dobbiamo fare un accordo con le banche”.
Noi, al contrario, dicevamo: “sarebbe come chiedere al carnefice di darci una mano”. La loro risposta fu: “avventurieri ….. scordatevelo!”.
Erano gli anni in cui Rifondazione era oltre l’8% e, insieme a I Verdi, era al governo e Prodi era costretto a “mediare”. Fu grazie ai loro voti ed alla loro decisione di porla come questione di principio irrinunciabile se con grande scorno di Prodi, Soru e e De Castro, passò in Parlamento un emendamento sulla legge finanziaria (proprio di questi tempi) che “IMPOSE” di adottare un provvedimento che finanziava con tre milioni di euro la norma per cui (per la prima volta in Italia) le procedure esecutive contro le aziende agricole (sfratti, esecuzioni, vendite all’asta) furono sospese (prima per sei mesi poi per altri sei).
Non dimenticherò mai la festa incredula che accolse la notizia nel Comune di Decimoputzu occupato e i sorrisi di quanti avevano condotto una battaglia cosi dura saranno per molto tempo a venire una delle più grandi soddisfazioni che porto con me.
Prodi, Soru, De Castro, le banche e tutti gli sciacalli che erano pronti a comprare all’asta le aziende in crisi …….. (perdonatemi l’eufemismo) la presero “in quel posto” e, se pur la nostra forza non fu tale da risolvere completamente il problema, tante aziende si salvarono. Le Banche capirono “l’aria che tirava … i rapporti di forza sociali che erano cambiati e che correvano il rischi di diventare una valanga” e si affrettarono in molti casi “a trattare e chiudere le posizioni”.
Sto per tornare su questa questione con un libro che racconterà tutta la storia ma, per il momento, non posso che osservare: “pensate voi che se Prodi avesse potuto fare a meno dei voti di Rifondazione e del contributo dei Verdi, i contadini sardi avrebbero spuntato il risultato?
Altre volte mi sono trovato a dirigere lotte e mobilitazioni e, sempre, i risultati (quando li abbiamo avuti) sono arrivati grazie alle contraddizioni delle “maggioranze” ed alla debolezza di un potere che ha bisogno “di consenso”.
Al di là di molte altre ragioni di merito, questo è il motivo vero e profondo per cui voterò NO al referendum sul cambiamento della Costituzione.
Non ci serve maggiore governabilità, non ci serve dare maggiore forza al potere di chi governa in nome del neoliberismo capitalista (ne ha già troppo e lo usa male e contro gli interessi popolari). Ci serve, al contrario, rafforzare la nostra capacità di essere rappresentati, di condizionare, di incidere, di mettere “con le spalle al muro” il potere.
Uno degli argomenti “forti” della propaganda di chi sostiene il SI al Referendum sulle modifiche istituzionali è nella richiesta al popolo di dare più forza a chi ci governa.
Io, al contrario, dico NO: il nostro interesse è indebolire chi ci governa, soprattutto quando e in un tempo in cui chi ci governa (si chiami Forza Italia, Partito della Nazione o PD) attua le stesse politiche, per fare più forti le resistenze, le nostre lotte, gli interessi popolari e della democrazia e le vie delle alternative … sperando, aspettando e lavorando perché nasca e si affermi in Italia una proposta politica capace di raccogliere la richiesta di cambiamento e che sappia essere non solo una generica (ed a volte pelosa) richiesta di onestà ma si faccia alternativa vera a questo capitalismo barbaro di cui i governanti europei, e molti loro sedicenti oppositori, sono portabandiera.
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