Io, uomo di sinistra, dico che le responsabilità più gravi per la crisi del nostro tempo sono sulle spalle di quanti, sostenendo di ispirarsi/richiamarsi essere di sinistra, non hanno il coraggio di mettere in discussione il neoliberismo o, piuttosto, hanno l’interesse a sostenerlo. Io, uomo di sinistra, sono e mi batto per la Sovranità Alimentare; ovvero per il diritto democratico dei popoli (esercitato con le forme di governo che si danno) di determinare il proprio modello di produzione, distribuzione e consumo del cibo. Il contrario del modello imposto dal dominio agroalimentare del capitalismo del nostro tempo che espropria di diritti e di democrazia i cittadini e scarica sui territori i prezzi di una accumulazione selvaggia e primitiva.
Non basterà ai demagoghi della modernità neoliberista, spesso nascosti dietro la rassicurante ideologia conservatrice della tutela dell’esistente, tacciare di “sovranismo” la ricerca di democrazia e giustizia sociale nel modello economico.
Io sono per il rispetto della costituzione italiana nata e prodotta dalla resistenza per cui “La Sovranità appartiene al popolo”.
Non che non ci sia una deriva miope, controproducente e di retroguardia fra quanti professano l’obiettivo di “prima gli italiani” o “America first” (anzi!) ma le istanze di tutela degli interessi dei cittadini non possono essere strumentalmente liquidate con il rifiuto di fare i conti con il disastro dell’ideologia del capitalismo neoliberista che cerca il dominio del mondo asservito alla speculazione (nemmeno più al controllo dei mezzi di produzione).
Io, che milito nel movimento contadino, dico che proprio in questa sedicente cultura politica della pseudo sinistra borghese stanno i peggiori responsabili della crisi sociale nelle campagne italiane che ormai mina le radici stesse del diritto al cibo per tutti arrivando a compromettere la qualità della vita nelle città.
Il gioco di difendere l’esistente (ovvero il modello del dominio del mercato) accusando gli altri di essere dei demagoghi per rassicurare il potere di essere un fedele cane da guardia mostra le corde e produce guasti.
Del resto, è un gioco ormai scoperto per cui tutta la politica italiana (con metodi e linguaggi solo apparentemente diversi) finisce per contendersi sul campo i gradi di “cane da guardia del potere economico speculativo” senza esprimere voci credibili capaci di indicare la via per il cambiamento e la trasformazione sociale.
Il problema più grande di questa troppo lunga transizione italiana senza sbocchi che ci regala una crisi permanente sta nella mancanza di alternative vere.
La Sovranità Alimentare, ovvero la proposta per fuoriuscire dalla crisi non con soluzioni tecniche o di efficientamento del sistema, è uno dei piani molto concreti su cui riscrivere le scelte politiche, sociali ed economiche.
La politica deve recuperare la sua funzione e la sua responsabilità, governare senza lasciarsi imporre le scelte dalla speculazione economica assumendo regole giuste che tutelano gli interessi collettivi in maniera trasparente e democratica.
La regolazione dei mercati e delle loro regole (prima di tutti quelle che contrastano il dumping economico e sociale) è la strada, altro che protezionismo.
Dovremo produrre una forte iniziativa nei prossimi anni per sconfiggere l’ideologia e la demagogia di chi esalta l’esistente.
Liberare la “pseudo sinistra” dalla sua falsa coscienza su questi temi è interesse generale e condizione indispensabile per togliere alibi a quanti (fuori dalla sinistra) usano strumentalmente questi temi o, al massimo, parlano di altro … perché non basta parlare di onestà e trasparenza, servono regole nuove frutto di rapporti sociali nuovi e di un progetto di società giusta.
La nostra battaglia per la Sovranità Alimentare ha bisogno di questo campo e noi dovremo muoverci secondo il principio per cui “la lotta per la terra e il cibo sono lotta per un’altra società” e convincere tanti e tante. Altrimenti falliremo.
Feb 03
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